Eni, la visione dell’AD Claudio Descalzi sui vantaggi di un “asse sud-nord” tra i Paesi africani ricchi di energia e quelli europei in cerca di forniture alternative alla Russia: l’intervista al “Financial Times”.
Claudio Descalzi al “Financial Times”: Europa-Africa, c’è grande complementarità
Intervistato dal “Financial Times”, l’AD di Eni Claudio Descalzi ha invitato a riflettere sul valore di una collaborazione più stretta tra Europa e Africa in ambito energetico attraverso cui dare vita a un potenziale nuovo “asse Sud-Nord” in grado di connettere le abbondanti risorse del Continente africano in termini di rinnovabili e fonti tradizionali con il mercato europeo. “Noi non abbiamo energia, loro ce l'hanno. Noi abbiamo un grande sistema industriale, loro lo stanno sviluppando”: secondo l’AD di Eni si può quindi parlare di “grande complementarità”, mai come oggi necessaria per rispondere alle nuove sfide che la crisi energetica ha aperto negli scorsi mesi. Nello sguardo di Eni, l’Africa offre quindi grandi opportunità: d’altronde, come ricorda anche il “Financial Times”, è dagli anni ‘50 che il Gruppo opera e investe nel Continente. Lo ha continuato a fare anche quando molte altre realtà del settore, americane ed europee, hanno ridotto la presenza in quell’area decidendo di investire altrove. Un impegno riconosciuto: lo scorso anno infatti l’AD Claudio Descalzi, a fronte della necessità di sostituire le forniture di gas russo, ha sottoscritto diversi accordi con Paesi quali Algeria, Egitto, Congo. Se Eni ci è riuscita, è anche e proprio in virtù di questa lunga e importante storia e perché “ha investito molto in Africa in un periodo in cui nessun altro investiva”.
Claudio Descalzi: Eni in Africa, dobbiamo essere sicuri che stiamo creando valore per questi Paesi
L’esperienza di Eni in Africa, spiega al “Financial Times” l’AD Claudio Descalzi, insegna anche come per una collaborazione efficace siano fondamentali “un’attitudine e un approccio diversi”. L’Europa ha sfruttato le risorse africane per secoli, pagando royalties per esportare le commodity e facendo poco per promuovere lo sviluppo delle comunità locali: una vision opposta a quella di Eni. Lo dicono i numeri: nel 2021 circa l'85% del gas che Eni produce in Africa è stato destinato al mercato domestico, rispetto al 78% (sempre per Eni) a livello mondiale. “Fare questo significa prendersi maggiori rischi perché sarebbe molto più semplice esportare tutto il gas che si produce nei Paesi ma noi dobbiamo essere sicuri che stiamo creando valore per questi Paesi”, osserva l’AD evidenziando come nuovi progetti oil&gas, se sviluppati in tempi rapidi, possano mettere a disposizione dei Paesi africani un flusso di entrate da reinvestire in progetti legati alle energie pulite. In Costa d’Avorio ad esempio Eni nel settembre 2021 ha annunciato una importante scoperta petrolifera: l’obiettivo è di avviarne la produzione nel primo semestre del 2023. Le emissioni dal campo e l'energia utilizzata per le attività saranno neutralizzate e controbilanciate da progetti di conservazione delle foreste e di energia pulita per le case che ne faranno il primo progetto legato agli idrocarburi a zero emissioni nette in Africa. E anche il gas associato alla produzione petrolifera del giacimento sarà utilizzato a livello locale per la produzione di energia elettrica. In Kenya invece lo scorso luglio ha iniziato a processare oli vegetali come feedstock per le proprie bioraffinerie e il primo carico è partito per l'Italia a ottobre. In Italia al momento Eni ha due bioraffinerie (Venezia e Gela) che producono biocarburanti. Entro il 2025 la compagnia prevede di rifornirsi per il 35% del proprio feedstock di bioraffinazione da hub agricoli africani. Per Claudio Descalzi, dunque, i giusti investimenti basati sul “rispetto reciproco” possono avvantaggiare da una parte l’Africa, che ne guadagnerebbe in termini di accesso all’energia, e dall’altra l’Europa, per quanto riguarda la sicurezza energetica.
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