Due anni dopo l’inizio della pandemia da Covid-19, i notevoli progressi nella comprensione e gestione dell’infezione hanno portato a sviluppare vaccini efficaci in un tempo record. Tuttavia, sorge una nuova sfida con il fenomeno del Long Covid, in cui un numero crescente di persone riporta sintomi prolungati dopo la guarigione dall’infezione. I risultati dello studio svolto presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma, nella quale Susanna Esposito ricopre l’incarico di Direttore della Clinica Pediatrica.
Susanna Esposito: il rischio del Long Covid
La prevalenza del Long Covid varia notevolmente in base a vari fattori, come il sesso, l’età, il tipo di sintomi e lo stato vaccinale. Un recente studio svolto presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma, utilizzando i protocolli standardizzati di raccolta dei dati di follow-up sviluppati dai gruppi di lavoro dell’International Severe Acute Respiratory and Emerging Infection Consortium (ISARIC) dell’Università di Oxford, ha rivelato che il rischio di Long Covid cambia in base all’età e al sesso dei pazienti presi in esame. “Nella popolazione pediatrica, l’evidenza sembra suggerire che l’età adolescenziale sia associata a un rischio maggiore di persistenza dei sintomi”, si legge in una nota. L’analisi dei dati provenienti da due studi di coorte prospettici, spiega Susanna Esposito, Responsabile del Tavolo tecnico malattie infettive e vaccinazioni SIP, ha rivelato che il 62% dei bambini e l’85% degli adulti hanno riferito almeno un sintomo suggestivo per Long Covid a distanza di tre mesi dalla diagnosi di infezione da SARS-CoV-2. In totale, 263/925 bambini e 319/452 adulti hanno riferito più di un sintomo. Il 34% dei bambini e il 64% degli adulti hanno inoltre registrato sintomi persistenti oltre i tre mesi. I sintomi più comuni riscontrati nei bambini sono stati quelli respiratori, neurologici, di affaticamento e gastrointestinali; negli adulti, invece, sono stati riscontrati quelli neurologici, di affaticamento, di dolore muscoloscheletrico e respiratori.
Long Covid, Susanna Esposito: rischio elevato per le donne tra 12 e 50 anni
Dallo studio è inoltre emersa, spiega ancora Susanna Esposito, l’importanza del genere come fattore di rischio, ma solo in specifiche fasce d’età. Le donne tra i 12 e i 50 anni sembrano essere particolarmente a rischio, evidenziando l'importanza di comprendere meglio il ruolo degli ormoni sessuali nei processi infiammatori e autoimmunitari. Questa scoperta sottolinea l'importanza della medicina di precisione nel considerare le differenze di genere nella diagnosi, prevenzione e trattamento del Covid-19. L'analisi dei dati ha rivelato che le donne di età compresa tra 12 e 50 anni hanno un rischio del 40% più elevato di sviluppare il Long Covid rispetto agli uomini. Questa scoperta potrebbe essere collegata al coinvolgimento degli ormoni sessuali nei processi infiammatori e autoimmunitari, poiché questa fascia di età corrisponde a un periodo di significative variazioni ormonali. La presenza di sintomi persistenti, come quelli cardiovascolari, gastrointestinali e del sonno, è risultata particolarmente elevata in queste donne. Indagare il ruolo specifico degli ormoni sessuali potrebbe aprire nuove strade per la gestione e il trattamento del Long Covid. Allo stesso tempo, è fondamentale esaminare l'effetto delle varianti virali e dei vaccini sulla prevalenza del Long Covid. L'individuazione dei fattori che contribuiscono all'insorgenza e alla persistenza del Long Covid aiuterà a sviluppare strategie preventive e terapeutiche mirate, migliorando la qualità della vita delle persone colpite.
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