Intervistato da “La Stampa” dopo la pubblicazione del libro “Fuori dal labirinto”, l’Amministratore Delegato di Italgas Paolo Gallo ha spiegato perché non esiste una soluzione semplice e universale per raggiungere la decarbonizzazione, sottolineando la necessità di un approccio pragmatico.
Paolo Gallo: più pragmatismo e meno ideologia per raggiungere la decarbonizzazione in Europa
Paolo Gallo, alla guida di Italgas dal 2016, ha ribadito in più occasioni che la decarbonizzazione non può essere raggiunta con una strategia interamente basata su ideologie, senza tener conto di fattori tanto concreti quanto fondamentali come la competitività e la sicurezza dell’approvvigionamento. È per questo che, anche alla redazione di “La Stampa”, l’Amministratore Delegato del Gruppo ha mostrato le sue perplessità sul Clean Industrial Deal messo a punto dalla Commissione europea. “Sono un po’ critico, non sul progetto in sé, che sicuramente è importante perché può aiutare l’industria a evolversi, ma perché, leggendo nei dettagli, si trovano ancora tantissimi elementi ideologici”. Secondo Bruxelles, il piano da 100 miliardi dovrebbe rafforzare l’industria europea, contribuendo a ridurre i prezzi dell’energia, generare posti di lavoro e creare le condizioni ottimali per far prosperare le imprese. “A fine 2022, le bollette erano schizzate a livelli che, nella mia vita, non avevo mai visto. Se vogliamo evitare situazioni simili, dobbiamo utilizzare tutti gli strumenti a disposizione, dal biometano all’idrogeno, ai gas sintetici e lavorare su un mix energetico equilibrato”, ha evidenziato Paolo Gallo. Il manager è più che convinto che “la soluzione non può passare solo per le rinnovabili, l’elettrificazione spinta e le batterie. Chi conosce i sistemi energetici sa bene che questa equazione non regge: è una bellissima favola, ma rischia di non avere un lieto fine. Serve un approccio neutrale verso le tecnologie, che vanno valutate in base a costo, efficacia e rapidità nel raggiungere gli obiettivi”. Il dibattito sul disaccoppiamento tra i prezzi del gas e quelli dell’elettricità viene invece classificato dall’AD di Italgas come uno “slogan” che non può funzionare. “Da un lato rischia di rallentare le nuove installazioni di rinnovabili e, dall’altro, non porterebbe a una reale diminuzione dei prezzi”. Cosa si può fare allora? “Dobbiamo aumentare l’offerta di energia anche con una maggiore diversificazione, incentivando i contratti a lungo termine. Un aspetto fondamentale è anche l’efficienza energetica, su cui devono lavorare sia le aziende che i cittadini”.
Paolo Gallo: l’aumento delle esportazioni dagli USA farà ridurre il prezzo del gas
Sul tema dei dazi americani, Paolo Gallo ha confermato che gli effetti sul mercato europeo saranno tangibili. “Le politiche di Trump avranno sicuramente un’influenza sull’Europa”, ha dichiarato l’AD, sottolineando ancora una volta che “la Commissione Ue dovrebbe rivedere le sue strategie con maggiore pragmatismo”. Secondo il manager, le manovre di Bruxelles si sono rivelate finora “inefficaci, perché intrise di ideologia”. “Non si può fissare gli obiettivi e imporre anche la strada per raggiungerli”. “Da un punto di vista energetico – ha continuato – gli Stati Uniti sono già indipendenti e stanno diventando esportatori”. Tra le note positive dell’aumento delle esportazioni di gas naturale dagli USA c’è il fatto che “i mercati saranno più liquidi e quindi dovrebbe esserci maggiore concorrenza. Questo aiuterà a ridurre il prezzo del gas, che è già tornato su livelli accettabili. Il Gnl ha una flessibilità enorme: una volta caricato su una metaniera, questa può cambiare rotta”. Ma, per cogliere tale opportunità, dovremmo avere infrastrutture adeguate. Ed è qui che i dazi rappresenterebbero davvero un ostacolo, in particolare le tariffe su acciaio e alluminio. “Per il settore Oil & Gas – ha spiegato Paolo Gallo – l’aumento dei costi di queste materie prime significa costi più elevati, soprattutto per gli investimenti destinati allo sviluppo delle infrastrutture”. Pensando all’attuale scenario globale è impossibile non volgere, infine, uno sguardo alla Cina. “Nel 2026 – ha osservato l’AD di Italgas – più del 60% dell’energia elettrica è stato prodotto da carbone. È vero che nelle rinnovabili stanno crescendo, ma l’economia di Pechino si basa ancora in gran parte sulle fonti fossili. Ci vorranno decenni perché la situazione cambi davvero”.
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